PALINURO – Morte dei sub nell’estate 2012, davanti al giudice la fidanzata di Telios Panaiotis
Si è tenuta ieri presso il tribunale di Vallo della Lucania la maxiudienza sulla tragedia alla Grotta degli Occhi di Palinuro, in cui il 30 giugno del 2012 morirono quattro sub: l’avvocato romano Andrea Pedroni, la guida Douglas Rizzo e due turisti, Susy Cavaccini, salernitana trapiantata a Roma e Panaiotis Telios, il più giovane del gruppo.
Come si ricorderà, i quattro rimasero intrappolati nella grotta durante un’immersione subacquea, perdendo l’orientamento a causa del sollevamento di fango all’interno della cavità e morendo asfissiati.
Rinviati a giudizio con l’accusa di omicidio colposo Roberto Navarra, gestore del diving “Pesciolino blu” di Palinuro, Marco Sebastiani e Stefano D’Avec con la moglie Annalisa Lupini, istruttori e dirigenti della Big Blue School di Roma, dove i sub avevano preso il brevetto un mese prima della tragedia,
Tra le accuse del pm anche quella di imprudenza, imperizia e negligenza poiché gli imputati avrebbero autorizzato l’immersione in grotta a partecipanti che non erano in possesso dei requisiti previsti per una tale escursione.
A testimoniare ieri davanti al giudice Lombardo, l’allora fidanzata del giovane sub Telios Panaiotis: Maria Laura Mosquera. Quest’ultima, giunta direttamente dalla Colombia, suo Paese di nascita e di residenza, nel corso di un interrogatorio durato per più di due ore, ha ricostruito il tragico sabato in cui a perdere la vita furono il suo fidanzato e altre tre persone.
«Nessuno degli istruttori ci mise al corrente della pericolosità che l’immersione nella Grotta degli Occhi avrebbe potuto avere. Se così fosse stato, infatti, non avrei mai fatto l’immersione» racconta Maria Laura Mosquera.
«Durante il brifieng precedente all’immersione – continua Mosquera – chiesi a uno degli istruttori se fossero state necessarie le torce. Mi fu riposto che non ce n’era bisogno perché all’interno avremmo trovato sia punti luce sia punti d’aria».
Il racconto della giovane colombiana si fa sempre più stringente e ricco di dettagli, dettagli che rievocano la disperazione di quel momento, rinnovandone il dolore, soprattutto per i familiari del giovanissimo Telios, in aula per assistere all’udienza.
«Gli istruttori ci avevano detto di non allontanarci mai dal nostro compagno di coppia, ma l’entrata della grotta eccessivamente stretta ci impedì di addentrarci a due a due e dovemmo così procedere in fila indiana. Non ricordo bene l’ordine in cui entrammo. So che a capo della fila c’era Douglas e dietro di lui Marco, io invece avevo dietro di me Telios e, a chiudere la fila, Stefano. Non rimasi a lungo nella grotta – continua Maria Laura – capii subito che c’era qualcosa che stava andando storto. A un certo punto non vidi più nulla, solo fango e polvere, poi diventò tutto nero. Tentai di trovare i punti di luce e di aria, divincolandomi con le mani, ma fu tutto inutile. In preda al panico percorsi la strada che avevo fatto per entrare e mi avviai verso la luce. Tramite dei segni subacquei chiesi ad D’Avec del mio compagno, ma lui mi fece segno di risalire in superficie e così feci. Solo dopo mi resi conto di quello che era accaduto».
«Una volta in superficie D’Avec chiamò Roberto Navarra, che giunse, insieme ad altre due persone, su un gommone ma non in tenuta da sub» conclude la Mosquera.
Fra i dettagli emersi dal racconto di Mosquera il ritardo nel chiamare la Capitaneria di Porto, nonché il fatto che Telios fosse affetto da asma e che nonostante lei non avesse consegnato il certificato medico avesse potuto partecipare alle escursioni.
Emerenziana Sinagra