41 anni fa il terremoto in Irpinia
Una giornata di novembre anomala, calda, troppo calda per quella stagione. Se ne accorse chi ne aveva approfittato per fare una gita fuori porta. Per chi invece si trovava a casa, a quei tempi i canali televisivi si contavano sulle dita di una mano, e a quell’ora la Rai trasmetteva una delle partite della serie A giocate nel pomeriggio. A un tratto venne giù il mondo. Il 23 novembre 1980, alle ore 19.34, la terra tremò per un minuto e venti interminabili secondi. Il terribile terremoto, con epicentro in Irpinia, che colpì la Basilicata e una limitata area della Puglia, di magnitudo 6.9 (pari al decimo grado della scala Mercalli), secondo le stime più accreditate causò 2.570 morti (2.914, secondo altre fonti), 8.848 feriti e circa 300mila sfollati.
Interi paesi – come Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni, Conza della Campania, Castelnuovo di Conza, Santomenna, Laviano, Muro Lucano – furono quasi rasi al suolo, altri gravemente danneggiati e isolati per giorni. Il ricordo dei soccorsi, tardivi e insufficienti nonostante lo sforzo messo in campo dai volontari, è tutt’altro che sbiadito. Simbolo di quella tragedia resta il crollo del soffitto della Chiesa Madre di Balvano, nella provincia di Potenza, che seppellì 66 persone, per la maggior parte bambini e ragazzi, di fatto cancellando un’intera generazione. Il sisma fu avvertito pesantemente anche a Napoli, dove la gente si riversò in strada per passare la notte. Oltre a lasciare profondamente martoriata la Campania, allungò la sua onda a nord fino alla Pianura Padana, e a sud fino alla Sicilia.
Sui luoghi della tragedia arrivò l’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che vide coi propri occhi i lutti e le rovine, denunciando con voce alta e ferma i ritardi nei soccorsi. Un’immagine entrata nella memoria collettiva come la prima pagina del quotidiano ‘Il Mattino’ con l’appello “Fate presto”.
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