Associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, impiego di beni o utilità di provenienza illecita, intestazione fittizia di beni e corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Ma pure sequestrati 59 fabbricati, 37 terreni, un ammontare di capitali immobilizzati che supera i 10 milioni di euro.
Sono finiti nuovamente nei guai i titolari dell’impresa di Calcestruzzi Bertolini, leader del settore edile nel comune di Ascea. La Guardia di Finanza di Salerno, su disposizione della Procura della Repubblica di Vallo della Lucania, hanno emesso 5 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di di altrettante persone, 11 perquisizioni e il sequestro di beni per un valore stimato che supera i 10 milioni di euro.
Il blitz è scattato all’alba di ieri , 28 novembre, su disposizione del procuratore Antonio Ricci del Tribunale dei Vallo della Lucania. In manette sono finiti l’imprenditore Giuseppe Bertolini, il genero Aniello Saviano e il carabiniere Ignazio Messana, agli arresti domiciliari i due figli del titolare, Antonio e Marianna Bertolini.
La famiglia Bertolini non era sconosciuta alle forze dell’ordine, già nel 2013, a seguito di un’altra indagine erano finiti nei guai, agli arresti domiciliari il proprietario Giuseppe e la figlia Marianna Bertolini. L’accusa allora era di bancarotta fraudolenta. Da quell’indagine era venuto fori che alcune somme erano state distratte dai bilanci dell’azienda, per poi dichiararne fallimento. Ma quelle somme distratte da quanto è venuto fuori dalle indagini della successiva inchiesta erano confluite in una società occulta che attraverso prestanome investiva sempre nel campo dell’edilizia, grazie al ruolo del genero del titolare Aniello Saviano, imprenditore edile, i capitali distratti dai proventi della ditta di calcestruzzi. Una macchina perfetta, insomma, che anche grazie al contributo di un carabiniere della locale stazione di Ascea, Ignazio Messano, riusciva ad eludere i controlli, perchè i quattro sodali, erano avvertiti per tempo.
Dopo mesi di indagini, che in realtà non si erano mai interrotte dal 2013, è scattato il blitz della guardia di finanza che ha nuovamente condotto in carcere il titolare, il genero e il carabiniere infedele. Per i due fratelli Antonio e Marianna, invece, sono stati disposti i domiciliari.
Secondo i magistrati, a capo dell’associazione a delinquere c’erano proprio padre e figlia, mentre l’altro figlio dell’imprenditore faceva da prestanome per le varie società satellite. Un organizzazione familiare che riusciva ad investire nel campo edile con il contributo del marito dell’amministratrice e che grazie al carabiniere arrestato, riusciva a conoscere in anticipo le mosse delle forze dell’ordine, venendo informato in tempo in caso di controlli presso i cantieri.