Troppi cinghiali nel Cilento, adottiamo la contraccezione. È questa la proposta innovativa avanzata dal presidente della Comunità del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di diano e Alburni Salvatore Iannuzzi in una lettera inviata al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, al Ministero della Salute, alla Regione Campania e alla Provincia di Salerno che suggerisce un generale riassetto organizzativo e gestionale delle aree protette.
“Realizzare le aree protette – dice Iannuzzi – è stato un momento fondamentale per la protezione e conservazione della natura più suggestiva. Però ha anche concorso a una crescita esponenziale e incontrollata della fauna selvatica, con ripercussioni negative sia sulle attività agricole e zootecniche sia sulla salute umana”.
Il presidente Iannuzzi si riferisce soprattutto all’emergenza cinghiali nel Parco del Cilento, un problema che si trascina insoluto da decenni e che sta mettendo in ginocchio il settore agricolo dell’area.
“L’aumento esponenziale della fauna selvatica e le conseguenti drammatiche ripercussioni in agricoltura– sostiene il presidente della comunità del Parco – sono sempre stati affrontati immaginando che l’incremento di una specie, come quella dei cinghiali, potesse essere affrontato con lo stesso strumento usato dagli uomini della preistoria: l’uccisione degli animali in eccesso. Ma abbattimenti e catture di cinghiali in Italia non hanno risolto il problema della presenza ipertrofica della specie. Al contrario, la letteratura di settore mostra come tali azioni destabilizzino la spontanea capacità di autocontrollo della specie. In un Parco dunque non è richiesta la presenza di killer esperti di cinghiali, ma di esperti della salute e dei bisogni della flora e della fauna selvatica”.
“I parchi nazionali invece mentre traboccano di personale amministrativo, continuano a non disporre di professionisti della salute interni come veterinari, agronomi, ingegneri, forestali, giornalisti professionisti per la comunicazione promozionale e d’istituto. Queste sono le migliori garanzie per azioni efficaci ed efficienti”, dice Iannuzzi.
“È necessario che i parchi italiani sperimentino nuove forme di contrasto della fauna in eccesso. La contraccezione usata per il controllo delle nascite nella popolazione umana può tranquillamente essere sperimentata, attraverso piani specifici di immunocontraccezione selettiva, rivolti in forma mirati alla fauna selvatica in crescita incontrollata. Ma questo presuppone che gli organici dei Parchi dispongano di personale tecnico capace di seguire questo complesso procedimento finalizzato al controllo della salute e della proliferazione della fauna protetta”.