Ha vinto il vescovo: padre John fuori dalla parrocchia di Piaggine

Alla fine ha vinto il Vescovo. E’ questa l’amara ammissione della comunità di Piaggine che per giorni si è opposta, seppure pacificamente, con suppliche, preghiere, marce e fiaccolate, appelli e richieste di udienza, alla decisione del vescovo della Diocesi di Vallo della Lucania, Ciro Miniero. Il capo della comunità pastorale, non ha voluto rilasciare dichiarazioni, né interviste, tantomeno dare spiegazioni circa una decisione che da subito sembrava decisa, irrevocabile: il parroco di Piaggine, padre John, da poco insediatosi nella parrocchia locale, soltanto un paio di mesi alla sua guida, è stato raggiunto inaspettatamente dall’imminente suo trasferimento.

Padre John

Perentoria la sua partenza, 30 settembre, inesistenti le spiegazioni, almeno nei confronti dei piagginesi, che, addolorati per la decisione, hanno chiesto in tutti i modi un confronto col vescovo, il perchè dell’azione. Tutto inutile: non solo la curia si è chiusa in un silenzio assordante, ma sembra che nottetempo, abbia mandato il sostituto parroco a prendere possesso della chiesa del paese, il cui cancello sul sagrato è stato sigillato con una grossa catena e lucchetto. Immediati i cori di delusione da parte dei piagginesi, che minacciano di disertare le funzioni religiose, quelle liturgie che, invece, erano diventate sentite e partecipate, fin quando c’era padre John. Un prete sudamericano, che secondo le testimonianze raccolte, era riuscito, in pochissimo tempo, a raccogliere le anime dei suoi parrocchiani, a riportali in chiesa, a riaccendere la speranza e la fede, a vestire la Santa Madre chiesa di abiti nuovi, tanto da essere riuscito pure a restituirle maggiore credito presso fedeli sempre più lontani ai dettami ed ai dogmi ecclesiastici. Quella distanza tra popolo e chiesa, per un tempo troppo breve colmata dall’attività di padre John, ora sembra coincidere con i chilometri che dividono Piaggine e Vallo della Lucania, mentre nella chiesa del paese, si spengono i cori e le musiche, serrate dietro un catenaccio che lascia fuori, oltre il cancello del sagrato, i cuori e le speranze di una comunità che si sta estinguendo.