Una cancelliera viene trasferita e un’intera sezione penale va in tilt, con la conseguenza che il presidente del Tribunale è costretto a mettere nero su bianco una disposizione che per l’intero mese di luglio limita la tipologia dei processi da trattare e causando, giocoforza, il rinvio di svariate decine di udienze a date che possono essere lontane anche un anno.
Tutto inizia con il trasferimento di una cancelliera della seconda sezione penale, che dal 13 giugno risulta assegnata a un altro ufficio del distretto. Per gli uffici giudiziari è una sorta di terremoto. Il presidente della sezione, Vincenzo Siani, stila una relazione in cui evidenzia «una vera e propria emergenza», tanto più che alcuni tentativi di rimediare ai problemi di organico sono caduti nel vuoto: il ministero non ha accolto la richiesta di proroga della permanenza dell’unità lavorativa nell’ufficio di provenienza e la Corte d’appello ha rigettato anche quella di applicazione almeno fino alla fine del periodo feriale. Non solo. Un’altra cancelliera, che sarebbe dovuta rientrare per cessazione del distacco che l’aveva condotta in altro ufficio, non ha preso servizio presentando una certificazione medica che attesta l’impedimento.
Al presidente del tribunale, Giovanni Pentagallo, non è rimasto che prendere atto di come la situazione non consenta, allo stato, «di assicurare la prosecuzione delle molteplici attività della sezione, se non in misura ridotta». Ieri mattina ha quindi firmato un decreto che da oggi, e sino alla fine del mese, limita la trattazione dei processi davanti al giudice monocratico, che ad ogni ruolo è chiamato a esaminare fino a cinquanta casi. Il documento è stato inviato per conoscenza anche al Consiglio superiore della magistratura ed è all’attenzione dell’avvocatura, che già parla di resa della giustizia e non esclude di intervenire sulla questione con una presa di posizione della Camera penale. A maggior ragione che in seconda sezione si è già impegnati in una sorta di corsa contro il tempo, perché da settembreil giudice Antonio Cantillopasserà al settore civile e i difensori saranno chiamati a scegliere se consentire che il processo prosegua davanti ad altri (acquisendo agli atti le testimonianze già rese) oppure imporre che si ricominci dall’inizio.
Se non è una resa, l’atto del presidente del Tribunale è di certo un grido d’allarme, che raccoglie quello della seconda sezione ma ricorda che ad essere in affanno è l’intero palazzo di giustizia. Una situazione su cui si è concentrata anche la recente ispezione ministeriale, che sui tempi della giustizia salernitana ha sollevato perplessità e chiesto un cambio di rotta.